Rolando Deval – Granaio

Granaio di Rolando Deval, curata da Peter Noser, presso Villa La Foce, a Castelluccio di Pienza, incantevole storica località che domina la Val d’Orcia e le sue crete, a pochi chilometri da Pienza.

Rolando Deval presenta in quest’occasione una serie di circa venti opere, alcune delle quali realizzate appositamente, che riprendono i motivi da sempre presenti nel lavoro dell’artista. L’incontro con l’opera di Deval è un incontro con l’essenza delle cose: dietro a quell’effetto di semplicità, di nudità, che ci appare a un primo sguardo, si nasconde un lavoro rigoroso sui materiali, una complessità che è risultato di una costante riflessione e osservazione.

I materiali usati sono per lo più carta, feltro, filo di ferro. Spesso il supporto è opaco, grezzo, indifferente, a volte la carta usata è riciclata, in un certo senso “di seconda mano”, quella che si usava, e che a volte si usa ancora, in alcuni negozi di alimentari. Per Deval è importante non intervenire sul materiale sui cui lavora che deve necessariamente rimanere visibile, nudo. Clemens-Carl Härle, nel testo pubblicato sul catalogo edito per l’esposizione, definisce le opere di Deval ‘quadri-scultura’, proprio per quella “indiscernibilità fra pittura e scultura” che li contraddistingue. “Da un lato, Deval moltiplica i riferimenti alla scultura: la stratificazione dei fogli (ogni quadro ne contiene fino a venticinque) che ne fanno un che di tridimensionale; il trattamento del supporto: la carta, la materia viene letteralmente intagliata, incisa, cesellata, sfilacciata, perforata con le dita o con una pinzetta; la ripetizione del trattamento foglio dopo foglio. Dall’altro vengono mantenuti, con uguale insistenza, i riferimenti alla pittura: lo spazio dell’opera è solo virtualmente tridimensionale perché risulta da una semplice stratificazione di fogli, cioè di entità bidimensionali […]”. E l’opera viene poi presentata come un ‘quadro’ all’interno di una cornice. L’artista scava all’interno dei materiali che usa, crea dei volumi fatti di vuoti dai confini frastagliati, l’effetto è quello di un’erosione millenaria: cunicoli, camere, cellette, gallerie che ricordano il lavorio degli insetti (formiche, termiti o api), che scavano ed edificano, ed è proprio grazie all’osservazione di questi che Deval ha cominciato modificare il modo di pensare e costruire il suo lavoro. “Cambiando il punto di vista – dichiara l’artista – si può lavorare come un insetto, si può considerare un tempo e uno spazio contratti o dilatati rispetto al nostro”. Architetture che possiedono una forma di espressione ritmica, quasi fossero composizioni musicali ma, allo stesso tempo, anche paesaggi erosi dall’acqua e dal tempo.